Why to choose Monopoli? / Perchè scegliere Monopoli?

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Flag United KingdomSea, sun, campaign, history and good food. Monopoli’s city (collocated in Bari’s sud-est area of Apulia, it is twinned with Lugoj and Lyss) in order than her extension is a mix of these quality and the perfect place, where to spend relaxing holidays.

One hundred districts to an extension of 156 km² that conserved an exciting story, make Monopoli an only city such as her originary name suggests: from greek, “Monos Polis” (only city) and the perfect location to visit.

Flag ItalyMare, sole, campagna, storia ed ottimo cibo. La città di Monopoli (collocata nel sud-est barese in Puglia, è gemellata con Lugoj e Lyss) per la sua estensione è un mix di queste qualità ed un perfetto posto, dove trascorrere delle vacanze all’insegna del relax.

Cento contrade per un’estensione di 156 km² che conserva un’appassionante storia, rende Monopoli una città unica come il suo nome originario suggerisce: dal greco “Monos Polis” (città unica) e la location perfetta da visitare.

Monopoli, una città unica

Come suggerisce lo stesso nome proveniente dal greco “monos polis”, Monopoli è una città unica in tutti i sensi per la natura incontaminata e le meraviglie paesaggistiche che la contraddistinguono.

Originariamente chiamata Dyria, fu fondata dai Peuceti (una tribù degli Iapigi) in epoca preistorica; a testimonianza di ciò, la presenza di fori di palificazione al cui interno è stato ritrovato intonaco di capanne ad impasto preistorico e, di uno dei più importanti giacimenti preistorici: la “Grotta delle Mura”, unica in Italia per il ritrovamento in perfetta connessione anatomica dello scheletro di un bambino di diciotto mesi, alto 60 centimetri, risalente alla fase centrale del Paleolitico-Epigravettiano finale (11.420 anni a.C.). Il terzo caso in Puglia, dopo l’Uomo di Altamura e la Donna di Ostuni.

Monopoli sorge nel cuore della Puglia ed è equidistante dal capoluogo pugliese, Bari, e da Brindisi: una posizione strategica dal punto di vista geografico che, da sempre, le ha consentito di essere uno degli scali marittimi più importanti per i collegamenti commerciali con l’Oriente, considerando anche il fatto di essere attraversata dalla Via Traiana, un’alternativa alla Via Appia (Roma-Brindisi) per collegare invece Benevento a Brindisi. Perciò, fino al 1049, quando fu insabbiato dai normanni che temevano l’incursione della potente flotta bizantina, quello di Monopoli era stato un porto canale che si limitò così a diventare “Porto Aspro”: una rada malamente ridossata ovvero uno scalo marittimo limitato e pericoloso. Ciò nonostante è rimasta viva, sino ai giorni nostri, la radicata tradizione marinara con i suoi gozzi (tipica imbarcazione a remi dai colori rosso e blu) che vede nel campanile della Basilica Cattedrale dedicata a “Maria SS.ma della Madia” (Protettrice della città che, esattamente novecento anni fa, approdò al porto cittadino per portare la sua protezione ed il legname per completare il tetto dell’allora costruenda cattedrale romanica) un “faro”, una “guida” per i marinai monopolitani grazie ai suoi 61 metri di altezza.

Oltre ad essere una città di mare (che ha visto susseguirsi innumerevoli dominazioni, tra cui quella messapica – le cui mura costituiscono le fondazioni dell’attuale centro storico – e, quella spagnola, da cui invece sono state ereditate le mura di fortificazione e lo storico Castello Carlo V di forma pentagonale), recentemente “scoperta” e rilanciata dal punto di vista turistico, Monopoli si estende su un vastissimo territorio che annovera ben 102 contrade. L’agricoltura è perciò un’altra delle sue vocazioni, caratterizzata dalla produzione di olio: l’oro verde per eccellenza che abbonda sulle tavole pugliesi per quantità e qualità. Proprio per la famosa Piana degli Ulivi (candidata a diventare patrimonio UNESCO), la città di Monopoli fa parte del Distretto turistico “Costa del Parco Agrario degli Ulivi secolari” ottenendo, quest’anno, le tanto ambite 5 Vele di Legambiente.

La tradizione culinaria

Venire in Puglia e passare da Monopoli significa anche e soprattutto “mangiare bene”. Innumerevoli leccornie fanno parte della tradizione culinaria monopolitana che fa della semplicità la sua carta vincente.

Dalle tipiche orecchiette con le cime di rapa alla “‘ngràpiétē” (fave, cicorie e pane raffermo), alle zucchine alla “povērédd”, ai friggitelli fritti, ai peporoni arrosto, alle alici sotto sale, alla pasta alla “San Gjuannédd”, dalle friselle condite con un filo d’olio nostrano e i pomodori “appesi” ai gustosi panzerotti fritti ed alle frittelle con la ricotta forte, per passare dalla focaccia farcita di carne macinata alle chiacchiere ed al “cartoccio” di Carnevale, regalato dai fidanzati alla propria dolce metà. Ma a Monopoli si mangiano anche la zuppa, la frittura di pesce, il polpo alla brace, la trippa d’agnello al sugo, ì’ vòngēlē ovvero fave fresche da consumare, accompagnate dal pane, durante il picnic de “u’ ningl-i- nangl” (giorno di Pasquetta) e u’ cròcl”, il dolce tipico che si prepara durante il periodo di Quaresima, soprattutto per i figli maschi.

La cucina monopolitana si sposa perciò con antiche tradizioni, come ad esempio il fatto di mangiare la focaccia con mortadella e provolone in occasione dei festeggiamenti in onore dei SS Medici Cosma e Damiano, di andare a funghi di carrubo e/o di mandorlo, di mangiare carrube e mandorle tostate, castagne arrosto, di attendere l’apertura della stagione venatoria per andare a tordi e metterli in boccacci sotto vino bianco e foglia d’alloro, di attendere copiose precipitazioni piovose se “è fatta la luna nuova” di settembre per trovare “i munécedd” (le monacelle) ovvero delle lumache molto voraci (tipiche della macchia mediterranea) – pietanza molto prelibata per i monopolitani – e, dopo la vendemmia, di sorseggiare vino novello a San Martino, di mangiare baccalà fritto e focaccia con gli sponsali per la commemorazione di tutti i fedeli defunti del 2 novembre, oltre che, per tale ricorrenza, imbandire la “tavola dei morti”. E infine, il periodo natalizio, degustare frutti di mare, cartellate, pettole e torrone e, per chiudere in bellezza: capitone per il cenone di San Silvestro.

Il fenomeno del rupestre

Monopoli, l’abbiamo già detto, è una città unica di nome e di fatto.

Quello che però potrebbe maggiormente affascinare di questa città di mare, tuttavia, è la profonda fede e devozione dei suoi abitanti: Monopoli ha ben diciotto Santi Patroni, tra cui è annoverata la sua amata Protettrice, la Madonna della Madia, verso cui è nutrito un amore incomparabile.

Un culto secolare è quello mariano, che affonda le proprie radici nel Medioevo con lo sviluppo della civiltà rupestre; un fenomeno manifestatosi per via di un altro indispensabile elemento, il carsismo (per cui l’acqua svolge un continuo processo di dissoluzione delle rocce) in un’epoca in cui era più semplice scavare nella roccia piuttosto che edificare. Il territorio monopolitano con le sue molteplici lame è stato perciò terreno fertile per la nascita di veri e propri villaggi realizzati sul fianco sinistro di questi solchi erosivi poco profondi percorsi da corsi d’acqua effimeri, che fanno convogliare le acque meteoriche sino al mare, di modo che la popolazione fosse riparata dai venti di maestrale e tramontana. Ed è proprio in questi villaggi che si assiste a cripte rupestri (luoghi di culto) affrescate con santi e Madonne.

Il culto mariano però si manifesta anche e soprattutto attraverso centinaia di edicole votive disseminate sull’intero territorio (anche negli androni delle storiche abitazioni del centro storico); degli altarini dedicati ad alcuni santi come San Francesco da Paola (Patrono di Monopoli e della gente di mare) e, i Santi Medici Cosma e Damiano, venerati nella Chiesa di San Domenico e perciò vestiti con toga dottorale rigorosamente nera e soprattutto alla Madonna della Madia, dipinta su tavola, che avrebbe in diverse occasioni protetto la città come durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Un’icona bizantina definita “Odegitria”: la Madonna dagli occhi grandi e misericordiosi, che sembrano guardare lo spettatore ovunque egli si trovi a contemplarla, indica la via della Salvezza ovvero il Bambino (Gesù Cristo) seduto quasi come su di un trono sul suo braccio sinistro, vestito con abiti regali essendo il Re dei Giudei e raffigurato con sembianze adulte perché consapevole della missione affidatagli: salvare l’umanità. La leggenda narra che la Madonna, sfuggita alla lotta iconoclasta, affidata al mare, dall’Oriente sia giunta a Monopoli nella notte del 16 dicembre 1117, annunciandosi invano al Vescovo Romualdo attraverso i sogni del sacrestano Mercurio, solito ad alzare un po’ il gomito. La zattera, dalla forma di un tavoliere spagnolo chiamato “almadìa”, servì a dare il nome di Madonna della Madia, ma non solo: le 33 travi di pino d’aleppo che la componevano (ancor’oggi custodite in Cattedrale) servirono per completare il tetto dell’allora costruenda cattedrale romanica.

Tra le edicole votive, però, una è particolarmente degna di nota, “U’ Crést”, il Cristo in croce che, da ben settantasette anni, sormonta uno spuntone del Monte San Nicola lungo la Strada Provinciale 113, meglio conosciuta come la “Panoramica” che collega Monopoli ad Alberobello, ancor’oggi percorsa a piedi dai pellegrini monopolitani, a fine settembre, per giungere al Santuario dedicato ai SS Medici nella città dei Trulli.

Monopoli nel cuore della Puglia

Monopoli non è soltanto localizzata geograficamente in un punto di vista strategico equidistante da Bari e Brindisi, ma sorge in un territorio variegato che rappresenta il fulcro, il cuore della Puglia. Tra le bellezze paesaggistiche di Polignano a Mare (terra del celebre Domenico Modugno), l’invidiata Alberobello (Patrimonio dell’UNESCO per i suoi caratteristici trulli e, cittadina che custodisce la “Casa Rossa”, tristemente ricordata per essere stata requisita dal Ministero dell’Interno alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale per farne un campo di internamento, concentramento, transito, confino, prigionia e per profughi che oggi rappresenta uno dei luoghi della memoria più suggestivi del nostro territorio per non dimenticare gli orrori del secondo conflitto mondiale), la rinomata Valle d’Itria, la Murgia barese e le Grotte di Castellana, Monopoli mantiene la propria egemonia; proprio rispetto a Castellana Grotte, quest’ultima può contare di annoverare la più profonda cavità carsica scoperta in Puglia il 23 novembre 2012: l’Abisso Donato Boscia più comunemente conosciuta come la Grave Rotolo (312 mt di profondità), che termina in un lago carsico.

Ma oltre ai tesori (Masserie ed insediamenti rupestri e ulivi monumentali) custoditi nelle sue 102 contrade, Monopoli può vantarsi di un Porto che, da sempre, ha ricoperto un’importanza strategica non indifferente anche e soprattutto per i commerci con l’Oriente. La radicata vocazione marinara ha accresciuto la fama della marineria monopolitana, una delle marinerie pugliesi più popolose. Monopoli, però, è apprezzata anche e soprattutto per il mare: dalla costa rocciosa a picco sul mare a nord alle sabbiose spiagge e dune del Capitolo, rinomata località balneare per cui la città era conosciuta come la “Rimini del Sud”.

Per tutti questi aspetti, da ormai diversi anni, la città turistica per eccellenza, proclamata il 1° luglio 2017 “Civitas Mariae” come segno tangibile di profonda fede e devozione alla Madonna della Madia (Protettrice di Monopoli) in occasione del IX° centenario dalla sua prodigiosa venuta, rappresenta perciò una delle mete turistiche più ambite, specie dai turisti stranieri che apprezzano la calorosa accoglienza dei suoi abitanti e le succulente specialità culinarie tipiche della cucina mediterranea. Anche il clima, mitigato dal mare, fa la sua parte, permettendo agli appassionati di jogging, trekking e mountain bike, ma non solo – grazie anche ad un’area fitness all’aperto, a piste ciclabili e percorsi naturalistici – di praticare sport all’aria aperta.

Insomma, il posto ideale per staccare letteralmente la spina dalla frenetica routine quotidiana a cui si è abituati.

Monopoli ed il periodo di dominazione spagnola

Uno degli aspetti più curiosi che accomuna le due tifoserie è il fatto di provenire da città accomunate dallo stesso destino: l’aver fatto parte del Regno di Napoli e, l’aver fortemente subíto, tra le altre, l’influenza spagnola.

Tra le varie dominazioni che si sono susseguite, tuttavia, Monopoli è rimasta particolarmente segnata dal passaggio dei normanni, di cui rimane un architrave del XII secolo sul tema della salvezza (rappresentato in cinque scene da leggersi da destra verso sinistra come vuole la tradizione ebraica) custodito nel sito archeologico e museale “Cripta della Cattedrale Romanica”, che sovrastava un portale collocato all’ingresso secondario tra l’antica cattedrale romanica (il cui tetto fu terminato grazie alle trentatre travi della zattera su cui l’icona bizantina della Madonna della Madia approdò al Porto di Monopoli il 16 dicembre 1117) e la Chiesa di San Cataldo (di cui è rimasto anche un resto murario). Proprio per mano del conte normanno Toute Bone, l’antico porto canale fu insabbiato nel 1049 per timore di un eventuale attacco da parte della potente flotta bizantina; testimonianza di ciò è la cripta della Madonna del Soccorso (X sec.), al cui interno rimangono tracce di acque salmastre.

Ma come accennato poc’anzi, il lungo periodo di dominazione spagnola ha lasciato in città tracce visibili ancor’oggi: a Cala Porto Vecchio, sulla Porta della Marina, è presente uno stemma della città capovolto, testimonianza della sconfitta inferta ai monopolitani nell’assedio spagnolo del 1529 che, nella vicina Piazza Garibaldi, provocò la distruzione di alcune botteghe di artigiani e di un’antica chiesa, i cui resti murari sono tutt’oggi visibili all’interno della cripta archeologica custodita al di sotto dell’emeroteca della nuova Biblioteca Civica “Rendella”, istituita nel 1954 al primo piano – laddove nell’Ottocento c’era il Teatro Rendella – dal Sen. Luigi Russo proprio nell’edificio costruito tra il 1558 e il 1584 come Caserma spagnola che ospitava i soldati di guarnigione di stanza sino ad allora ospitati in casa dai monopolitani. Lo stesso cinquecentesco Castello Carlo V di forma pentagonale fortemente voluto dal Re/Imperatore Carlo V e realizzato dal Vicerè don Pedro De Toledo e, le mura cinquecentesche con i Torrioni di Santa Maria, della “Traditora” e di via Molini (sopravvissuti nel corso dei secoli) fanno parte del sistema difensivo spagnolo che racchiudeva il borgo antico e che invece oggi costituiscono parte integrante del museo dell’artiglieria all’aperto di cui Monopoli può vantarsi.

Monopoli e la Madonna della Madia

Due volte l’anno, Monopoli è prossima a rivivere uno degli appuntamenti religiosi più importanti e particolarmente sentiti: la tradizionale rievocazione del prodigioso approdo – in versione invernale – nella suggestiva cornice offerta da Cala Batteria della Madonna della Madia (Protettrice della città), che rappresenta un punto fermo nella vita dei ferventi fedeli monopolitani avendo, in diverse occasioni, protetto la città come sarebbe avvenuto durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.La sua prodigiosa venuta risale al 1117, anno in cui si stava provvedendo ad ultimare la costruzione dell’antica cattedrale romanica, iniziata nel 1107 per volere del Vescovo Romualdo su un’area considerata sacra da circa 4.500 anni per la presenza di un cimitero cristiano alto-medievale costituito da diverse tombe risalenti al VII-IX secolo d.C.  e, di una necropoli pagana costituita da due tombe messapiche del V-IV secolo a.C., una a camera ed un’altra a semicamera, all’interno della quale – durante i lavori di scavo nei locali adibiti a cinema e oratorio effettuati nel 1986 grazie ad un cospicuo finanziamento – fu ritrovata una rara “trozzella” in bronzo, vaso messapico utilizzato per attingere l’acqua dai pozzi e su cui, oltretutto, avvenne la costruzione di un tempio pagano dedicato a Maia ed al figlio Ermes ovvero Mercurio.

La leggenda narra che la Madonna, sfuggita alla lotta iconoclasta, affidata al mare, dall’Oriente sia giunta al Porto di Monopoli nella notte del 16 dicembre 1117, annunciandosi invano al Vescovo Romualdo attraverso i sogni del sacrestano Mercurio, solito ad alzare un po’ il gomito. La zattera, dalla forma di un tavoliere spagnolo chiamato “almadìa”, servì a dare il nome di Madonna della Madia, ma non solo: le 33 travi di pino d’aleppo che la componevano (ancor’oggi custodite in Cattedrale nell’omonima Cappella) servirono per completare il tetto dell’allora costruenda cattedrale romanica.La Madonna della Madia, dipinta su tavola, è un’icona bizantina definita “Odegitria”: la Madonna dagli occhi grandi e misericordiosi, che sembrano guardare lo spettatore ovunque egli si trovi a contemplarla, indica la via della Salvezza ovvero il Bambino (Gesù Cristo) seduto quasi come su di un trono sul suo braccio sinistro, vestito con abiti regali essendo il Re dei Giudei e raffigurato con sembianze adulte perché consapevole della missione affidatagli: salvare l’umanità.

Il quadro originale è intronizzato sul Cappellone sopraelevato (una rara particolarità) della Basilica Cattedrale a Lei dedicata, costruita in stile barocco tra il 1742 ed il 1772 dai maestri muratori Michele Colangiuli di Acquaviva e Pietro Magarelli di Molfetta; l’unica Cappella interamente realizzata con veri marmi policromi.

L’INCORONAZIONE DELLA MADONNA DELLA MADIA

L’antichità, il culto ed i miracoli. Erano necessarie queste tre caratteristiche alle sacre immagini per vedersi riconosciuto il privilegio dell’incoronazione.

Per questo motivo, la pratica affinché l’icona bizantina raffigurante Maria SS.ma della Madia potesse ottenere questo privilegio fu inoltrata, nel 1768, al Capitolo Vaticano.

La relazione, trasmessa a Roma il 17 Dicembre 1768, fu così convincente che già il 15 Gennaio 1769 il Capitolo Vaticano deliberò la concessione delle corone d’oro, che furono realizzate successivamente dall’orafo Bartolomeo Baroni ed applicate sull’icona con una cerimonia l’8 luglio 1770.

Le due corone (attualmente custodite ed esposte nel Museo Diocesano), uguali per disegno, ma diverse per dimensioni, recano da un lato lo stemma del Capitolo di S. Pietro e dall’altro lo stemma del Conte Alessandro Sforza di Borgonovo (una biscia con un fanciullo che esce dalla sua bocca) e al centro l’iscrizione della donazione, nel 1769, delle corone da parte del capitolo di S. Pietro, come da istituzione del Conte Sforza.

A testimoniare la cerimonia di incoronazione, un’iscrizione marmorea all’ingresso sinistro della Cattedrale.

Paola Calabretto, giornalista
Presidente Associazione turistico-culturale e di promozione sociale “To Monopoli”